I radical-chic non sono più quelli di una volta

Birkenstock ai piedi, cane rigorosamente di razza (quest’anno va il bassotto arlecchino), sigaretta elettronica e Cynar contro il logorio della vita moderna. L’amaro celebrato dalla pubblicità con Ernesto Calindri, per anni dimenticato, è tornato alla ribalta. Fragile simbolo di un radicalchicchismo sul viale del tramonto. Signora mia, non ci sono più i radical chic di una volta. E per averne certezza assoluta bastava assistere alla consueta serata finale del Premio Strega, dove l’unica cosa che si respirava, oltre l’afa, era la noia (più Angelina Mango che Jean-Paul Sartre).

C’era un tempo quando al Ninfeo si aggiravano potenti editori e si sventolavano gloriose cariatidi. Oggi l’unica idea che è venuta a questo disgraziato mondo è stata di fare vestire gli scrittori dalle firme dell’Alta moda. La vincitrice Donatella Di Pietrantonio era in Etro, Chiara Valerio in total white Dior e poi Missoni, Gucci, Lardini. Il risultato è stato così flebile, impalpabile come una seta di Fortuny, da far rimpiangere il golfino di lana bianca della zarina Anna Maria Rimoaldi. Insomma, se scrivi IBuddenbrook puoi stappare il bottiglione giallo fluo anche con i pantaloni a pinocchietto. Appunto, se scrivi I Buddenbrook.

Altro che Felicia Bernstein e il ricevimento dato in onore delle Pantere nere nell’attico in Park Avenue. «Qui non è rimasto niente, solo mutui e un disastro culturale», osserva con disincantata saudade Michele Masneri, «scrittoregiornalista» (ormai si scrive tutto attaccato), autore di Paradiso (Adelphi), il libro più dissacrante e divertente di quest’estate. «Una volta dovevi avere almeno un casale a Capalbio, una terrazza a Roma o Milano. Adesso la classe creativa, di cui purtroppo temo di fare parte, preferisco chiamarla “la........

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