Gli interventi sul fiume Lamone e la mancata tutela del territorio sono le cause del disastro nel Ravennate, nel 2023 e poi più di recente. Panorama racconta come i rischi erano noti ai vertici regionali e comunali. E come ci fossero risorse per agire. Ma si è preferito fare altro
I governatori piddini dell’Emilia Romagna degli ultimi 15 anni devono essersi sentiti un po’ come Luigi XV quando alla marchesa di Pompadour diceva sprezzante: «Après moi, le déluge», «Dopo di me, il diluvio». E le déluge è effettivamente arrivato con le inondazioni del maggio 2023 e del settembre-ottobre 2024 che hanno provocato danni per oltre 12 miliardi di euro e 17 vittime. Una intera regione sommersa dall’acqua e travolta dalle frane, malgrado la Regione (con la «r» maiuscola in questo caso) ben sapesse i rischi che si annidavano lungo i greti di fiumi all’apparenza tranquilli e dietro le nuvole scure che si addensavano all’orizzonte, soprattutto nel territorio ravennate, uno dei più colpiti dalle alluvioni. È da almeno 13 anni che il governo locale è a conoscenza dei pericoli di esondazione del Lamone ed è da 13 anni che, pur avendo i fondi a disposizione, preferisce galleggiare in un’inutile e dannosa attesa. Panorama ha scoperto, infatti, l’esistenza di una delibera di giunta regionale - la n. 1877 del 2011 - con cui era stata approvata la «Variante........