L’ex senatore Giovanni Pellegrino dice anche di più: «Mani Pulite si basava sul primato del potere giudiziario, ed era in contrasto con il disegno costituzionale». Ma dimentica che Di Pietro...
Finalmente un ex dirigente comunista lo dice a chiare lettere: «Il principio che ispirò Mani Pulite si basava sul primato del potere giudiziario, ed era in contrasto con il disegno costituzionale». Evviva. Ci sono voluti più di 30 anni, ma alla fine la «rivoluzione giudiziaria» di Tangentopoli viene definita per quel che fu: un atto per molti versi ai limiti dell’incostituzionalità.
A dichiararlo in una lunga intervista al Corriere della Sera, è Giovanni Pellegrino, dal 1990 al 2001 parlamentare del Pci, del Pds e infine dell’Ulivo, nonché presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei deputati nel 1992, proprio l’anno in cui scoppiò la grande inchiesta sulla corruzione, guidata dall’allora sostituto procuratore Antonio Di Pietro e dal Pool di Mani Pulite.
Garantista da sempre, oggi Pellegrino racconta come Tangentopoli fu vissuta dal suo partito. Dal 1992 al 1993, in realtà, il ciclone si abbatté soprattutto sui partiti di governo: prima sul Partito socialista di Bettino Craxi, il leader riformatore, già presidente del Consiglio, che era visto dai comunisti come il loro peggior nemico; poi sulla Democrazia cristiana e sui suoi alleati «laici», dal Partito liberale a quello repubblicano, fino ai socialdemocratici. Infine l’inchiesta........