Lucania labirinto geografico

Per Giuseppe Lupo, docente della Cattolica di Milano, lucano di nascita, «la Basilicata è il labirinto dell’Appennino, Milano è la geometria razionale della pianura»

E’ opinione diffusa che la svolta decisiva per la conoscenza al grande pubblico della Basilicata -meglio ancora meglio “Lucania” per stimolare i puristi della classicità- fosse arrivata grazie ad un romanzo autobiografico: Carlo Levi (1902-1975), scrittore, pittore, intellettuale e partigiano torinese, lo “partorisce” tra il 1943 ed il 1944 a Firenze e lo pubblica per Einaudi nel 1945: dieci anni prima, infatti, tra il 1935 ed il 1936, era stato condannato al confino proprio nelle “desolate terre di Lucania” (come scriverà nella sua opera più famosa…) a causa della sua attività antifascista, letteralmente deportato nello sconosciutissimo borgo di Aliano, nel materano, sino a calarsi in prima persona nella realtà che stava descrivendo. Dirà Levi nella sua prefazione che “come in un viaggio al principio del tempo, Cristo si è fermato a Eboli racconta la scoperta di una diversa civiltà. È quella dei contadini del Mezzogiorno: fuori della Storia e della Ragione progressiva, antichissima sapienza e paziente dolore. Il libro tuttavia non è un diario; fu scritto molti anni dopo l’esperienza diretta da cui trasse origine, quando le impressioni reali non avevano più la prosastica urgenza del documento”. Evidenzierà lo scrittore torinese, ben più avvezzo alle Alpi che ricamavano la sua splendida Torino, che “(…) Cristo non è arrivato, come non erano arrivati i romani, che presidiavano le grandi strade e non entravano fra i monti e le foreste (di Lucania, nda) (…)”.

«Ecco il mio inizio. Ho scoperto Cristo si è fermato a Eboli che imparai praticamente a memoria e da quel momento non mi sono più fermato». Giuseppe Lupo, lucano di Atella, dove la Basilicata si incastra tra la Campania ad occidente e la Puglia ad oriente: ordinario di Letteratura italiana contemporanea alla Cattolica di Milano e pluripremiato autore per Marsilio, Lupo ci guida in un irreale viaggio alla scoperta di un paesaggio da non molto entrato nei taccuini di viaggio dei moderni viaggiatori. E lo fa utilizzando una tecnica narrativa del tutto rivoluzionaria, basata sull’analisi “geografica” frutto della sua immaginazione, come ben sanno i suoi lettori che da oltre un ventennio seguono le vicissitudini dei personaggi che sembrano danzare su un palcoscenico a metà tra realtà irreale e costruzione fantastica.

Bella quest’idea di una “topografia immaginaria”!

«Ho sempre avuto un debole per la narrativa di William Faulkner (scrittore americano, premio Nobel per la letteratura nel 1949, noto per stile “fantastico” della sua narrativa, nda) che aveva ambientato tutti i suoi romanzi nella contea immaginaria di Yoknapatawpha: un misterioso pezzo di terra nello Stato del Mississippi, che coincideva con il luogo dove lui era nato. Sull'esempio di Faulkner, mi sono costruito anch'io una “geografia immaginaria”, dove ho deciso di........

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