Qualche giorno si discuteva con alcuni giuristi sul disegno di legge in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici. In particolare la chiacchierata verteva sul proposto aumento delle pene per il reato di accesso abusivo a un sistema informatico (articolo 615 ter del codice penale) in presenza di aggravanti che da uno a cinque anni diventerebbero da due a dieci anni. Ancora più nello specifico si discettava anche sulla nuova aggravante della condotta di chi “…sottrae, anche mediante riproduzione o trasmissione, … , i dati, le informazioni…”.
Ascoltando, mi sono ricordato di un corso sui crimini informatici che tenevo tra il 2004 e il 2005 in cui citavo alcune sentenze per dare un’idea di quanto fosse ondivaga l’interpretazione del reato. Per rendere più agevole la lettura ecco cosa punisce il testo dell’articolo di legge: “Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo…”. Accade così che nel 2000 un giudice per le indagini preliminari dichiara il non luogo a procedere per un imputato accusato di essersi........