Una rivoluzione per i porti italiani: così la riforma cambia il peso delle Autorità

Quando si parla di traffici marittimi, si parla di oceani e non ci sono confini, sono i numeri a comandare: Rotterdam, il re dei porti Europei, movimenta in un anno 450 milioni di tonnellate di merci e circa 14 milioni di container: e grazie ai suoi ricavi, investe miliardi in sostenibilità e infrastrutture. I nostri porti si collocano su una carta nautica in scala minore, ma messi insieme nel 2025 hanno mosso circa 500 milioni di tonnellate di merci, quasi il 40 per cento dell’export italiano.

Se facessero sistema, potrebbero moltiplicare anche loro gli investimenti per “stare sul pezzo” con i giganti della logistica cinesi, arabi e olandesi. Trieste è la nave ammiraglia degli scali intorno allo stivale, svetta sul ranking dei porti italiani, con 60 milioni di tonnellate di merci, Genova e Livorno seguono a ruota; Venezia ha movimentato 24 milioni di tonnellate nel 2024, crescendo del 3, 5%.

L’Italia non ha bisogno di una Porti d’Italia, ma di sei Autorità: il rischio è di restare ai margini delle catene logistiche globali

Ma il sistema portuale italiano è frammentato in 16 Autorità territoriali che scontano un’assenza di coordinamento: una supervisione centrale sarebbe opportuna, a condizione che non produca più burocrazia e che siano chiare le deleghe operative e territoriali.

Ora, in questo........

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