Gigi Riva, un dio greco

Gigi Riva non era soltanto un calciatore: era un dio greco. Lo era perché – esattamente come un abitatore dell’Olimpo – guardava da lontano le vicende umane senza interessarsene oltre misura, pronto tuttavia a intervenire nei momenti decisivi, quando si trattava di far valere la propria presenza. Come un dio greco aveva la mascella squadrata, lo sguardo triste, la potenza nascosta e innata, l’abitudine al silenzio, il coraggio dell’azione. Dal punto di vista strettamente calcistico, la forza fisica faceva aggio sulla tecnica, della quale aveva bisogno quel tanto che bastasse a preparare il tiro devastante verso la porta avversaria (a differenza del suo compagno di squadra Comunardo Niccolai, il quale invece aveva preso l’abitudine di tirare verso la porta propria, come ben sapeva il povero Enrico Ricky Albertosi).

Epici i suoi duelli con un altro atleta a lui molto simile per costumi e riservatezza e del quale non a caso era molto amico: Tarcisio Burgnich, nato a Ruda, provincia di Udine. Se le davano senza risparmio durante la partita, ma sempre badando a non far male e, qualunque fosse l’esito della gara, uscivano dal campo abbracciati. Quattro azioni di lui, fra le tante, credo vadano in particolare ricordate.

La prima. Si disputava il match tra........

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