La casa non è un diritto da archiviare

Il Piano Casa Ue non risolve la crisi: la normalizza e la trasforma in potere

Quando la politica definisce qualcosa un “diritto”, di rado lo protegge davvero: più spesso lo assorbe, lo regolamenta, lo sottrae alla disponibilità delle persone. È ciò che accade anche con il Piano Casa dell’Unione europea, denominato European Affordable Housing Plan, che fin dall’incipit dichiara di voler affrontare la crisi abitativa affermando ideologicamente: “Housing is not just a commodity, but a fundamental right and a cornerstone of human dignity - La casa non è solo una merce, ma un diritto fondamentale e un pilastro della dignità umana”. Una formula che può apparire rassicurante, ma che è in realtà carica di conseguenze. L’abitare viene sottratto alla sfera delle scelte individuali e ricondotto a quella dell’amministrazione pubblica.

La casa smette così di essere il risultato di lavoro, risparmio, investimento, rischio e scambio, per diventare un bene la cui fruizione deve essere garantita dall’autorità. È una trasformazione profonda, perché sposta il problema dall’economia al potere. Se la casa è un diritto, ogni vincolo, regolazione e limitazione diventano automaticamente giustificabili in nome della tutela. L’emergenza non va risolta: va gestita, stabilizzata, resa permanente.

Che la crisi abitativa esista è indubbio. I dati Eurostat parlano chiaro: tra il 2010 e il 2024 i prezzi delle abitazioni nell’Unione europea sono aumentati di oltre il 55 per cento, mentre i canoni di locazione sono cresciuti di circa il 27 per cento. In molte........

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