Bipartitismo sotto l’egida di Giorgia Meloni?

I - Nell’importante saggio di Mario Nanni, intitolato La ‘solitudine’ di Giorgia (www.beemagazine.it, 16 aprile 2024), sembra affiorare il desiderio, di più: la necessità, che, a parte le apparenti implicazioni negative del titolo, la presidente Meloni abbia invece davanti a sé il compito, storico direi, di fondare “un rassemblement che raccolga tutti i moderati e conservatori, oltre alla quota di nostalgici il cui peso zavorra ancora l’identità stessa del partito e perciò potrebbe essere utile, magari dopo le elezioni europee, una Costituente dei liberal-conservatori, che assumesse in sé il meglio della dottrina liberale dei diritti coniugandola con l’anima sociale che è stata sempre un connotato della Destra”. Quindi, mi pare di capire, la solitudine consisterebbe nel fatto che soltanto la Meloni, gravata del peso di governare affidatole da un consenso elettorale meno del partito che suo personale, avvertirebbe di poter e dover andare oltre Fratelli d’Italia fino a diluirne i caratteri identitari in un vasto raggruppamento di forze e tendenze politiche omogenee o affini, dotandolo di una “carta costituzionale” approvata da una “costituente politica” convocata ad hoc dopo il rinnovo del Parlamento europeo.

I caratteri dell’auspicato rassemblement (auspicato da Meloni, forse; auspicabile da Nanni, sicuro) sarebbero tuttavia tali da ingenerare, suppongo, perplessità e persino sconcerto in troppe parti dell’aggregato, che in Italia sono tradizionalmente gelose di vere o presunte identità proprie, irreconciliabili con le altrui. È superfluo rilevare a riguardo che la legislazione elettorale proporzionalistica, risalente al 1919, voluta dai socialisti e dai popolari di allora, ha impiantato nel contesto italiano la frammentazione politica e legittimato il fiorire delle celebrità di campanile, divenute negli ultimi tempi celebrità di talk-show e capi di porzioncine elettorali pretenziosamente intestate all’Italia. La frammentazione indotta dai particolarismi risulta curabile soltanto dal metodo maggioritario con collegi uninominali, magari applicando al secondo turno il ballottaggio tra i primi tre (la cosiddetta variante Sartori), anziché due, classificati al primo turno. Ma questo metodo, benché attenuato dal mattarellum, è stato tuttavia abbandonato adottando metodi che variamente mettono nelle mani dei segretari di partito la nomina dei parlamentari. Ho sempre qualificato il sistema, che ne risulta, con la definizione di oligarchia temperata dal voto, espressione veritiera ma urticante e quindi sgradita agli pseudo costituzionalisti e ancor più all’establishment politico, a motivo che per gli uni e per l’altro implica il disconoscimento della Costituzione democratica perché antifascista e la riaffermazione della Costituzione antifascista perché democratica. E debbo aggiungere che, dopo la........

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