Elegia americana di Vance, luci e un rischio: nuovi dazi ai prodotti cinesi

In questi giorni Garzanti sta promuovendo Elegia americana (disponibile dal 29 luglio), un libro che richiama altri incroci del tempo tra l’editoria e importanti eventi storici, come il J’accuse di Émile Zola sul caso Dreyfus, o i testi di Oriana Fallaci prima e dopo l’11 settembre. Infatti, l’opera esce in Italia dopo che il candidato presidente Donald Trump ha subìto un attentato, non sventato per l’incompetenza degli addetti alla sicurezza e della Fbi (viene in mente la feroce canzone Cia man, dei Fugs, il cui testo consiste quasi tutto in Fucking-a man! Cia Man!”). È poi arrivata la candidatura a vicepresidente dell’autore di Elegia americana, James David Vance, giovane tigre delle startup, un millennial che ha cambiato la direzione politica di molte blue chip della Silicon Valley e dintorni. La storia di Vance coincide con quella di una parte non esigua dell’elettorato operaio e disagiato italiano che votava a sinistra.

Parliamo del nipote di emigrati dai monti Appalachi della Pennsylvania all’Ohio. Emigrati brutti, sporchi e cattivi, per lo più di origine gallese o irlandese, finiti a lavorare nelle miniere, spesso lasciati a casa. La storia di quei poveri con la valigia, baraccati e incazzati, è accomunata nell’immaginario yankee con la figura dell’hillbilly, un tipo fortemente irascibile e pronto a sparare, perché poco portato a ragionare. I più anziani potrebbero ricordarsi che la migliore definizione dei proletari degli Appalachi e degli hillbilly (i montanari) è quella di Yosemite Sam, personaggio dei cartoni animati della serie Looney Tunes della Warner Bros, quelli di Bugs Bunny, Willy il Coyote e Beep Beep. Sam non è il tipo dei nonni di Vance, che fanno parte della storia di uno Stato andato in crisi da decenni, dopo i disastri........

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