Cile e non chili: ritorno a destra |
Com’è diventato il Cile? In pratica, assomiglia a un Paese con il retrogusto piccante di destra, a seguito della vittoria alle ultime elezioni presidenziali del candidato conservatore, José Antonio Kast, che ha ottenuto il 60 per cento dei consensi, contro il 40 della sua sfidante comunista, Jeannette Jara. Il suo più temibile avversario, il presidente uscente, Gabriel Boric, esponente della sinistra cilena, non aveva potuto correre per un terzo mandato, a norma della Costituzione. Kast ha così vinto nettamente, malgrado non abbia mai nascosto in passato le sue simpatie per i bei tempi andati (11 settembre 1973-11 marzo 1990) del regime di Augusto Pinochet, di cui tutto storicamente si può dire, tranne che fosse “insicuro” all’interno dei propri confini: cosa che però gli oppositori cileni hanno pagato a carissimo prezzo durante quasi un ventennio di dittatura. Oggi nondimeno, con l’elezione di Kast, la bilancia dello scambio “meno libertà per più sicurezza” è di nuovo tornata a far pendere il suo il piatto di destra a favore del giustizialismo sociale. E questo perché ancora una volta la sinistra non ha saputo dare una risposta ferma e decisa al dilagare della criminalità, anche se per i disastrosi standard latinoamericani il Cile rappresenta, da questo punto di vista, una nazione sicura (per modo di dire). Percezione che, però, non ha trovato riscontro nel sentimento dell’opinione pubblica cilena, a causa del sensibile aumento del tasso di criminalità, per quanto riguarda la diffusione di reati comuni come rapine, rapimenti e omicidi. Kast, fervente sostenitore del diritto dei cittadini ad armarsi, ha vinto promettendo solennemente ai suoi elettori di combattere il crimine organizzato, restaurando l’ordine sociale violato, perché “i........© L'Opinione delle Libertà