Perché la deriva autoritaria del presidente tunisino Kaïs Saïed sembra essere tollerata dalle comunità internazionali e soprattutto da quella europea? Saïed, conquista il potere nell’ottobre 2019. Il suo profilo politico è quello di un “conservatore radicale” e la vittoria è ottenuta con un ampio consenso – soprattutto grazie al voto dei giovani delusi da un decennio di criticità politiche seguite alla rivoluzione della impropriamente detta “Primavera araba” del 2011 – che si innesca nella forte insoddisfazione per un processo di transizione democratica considerato inaccettabile.
Saïed ammaliò i tunisini con una facile propaganda elettorale, basata sul disprezzo verso le élite politiche tradizionali che avevano guidato i governi del Paese, sulla lotta alla corruzione dilagante e sulla necessità di gestire la “democrazia” con la massima partecipazione popolare e con una decentralizzazione delle competenze e del potere decisionale. Ma Saïed ha stravolto i già confusi poteri dello Stato quando, sospendendo il 25 luglio 2021 le prerogative parlamentari, ha assunto i pieni poteri, delineando chiaramente gli estremi per definire colpo di Stato la sua azione accentratrice. Una “mossa politica” accettata dalla Comunità internazionale e deprecata dai suoi oppositori.
Tale “immunità” internazionale e la debolezza delle opposizioni hanno favorito la spinta verso un presidenzialismo oltranzista che lo ha portato a governare a suon di decreti, a esautorare il Consiglio superiore della magistratura, a sospendere l’applicazione della Costituzione, permettendogli di sciogliere il Parlamento nel marzo 2022, senza che nessun organo dello Stato potesse........