Dal 7 ottobre dell’anno scorso è iniziato per Israele un percorso verso l’attraversamento diffuso di tutte le “linee rosse” tracciate sia da Oriente che da parte dell’Occidente. Sembrava che lo Stato ebraico avesse già varcato la “linea rossa” di Gaza quando ha iniziato a martellare a tappeto l’area, martoriando miliziani e popolazione civile, ma sappiamo che Hamas aveva “sdoganato” il concetto di aggressione dei civili ebrei e non solo, con l’uccisione e il rapimento di giovani e meno, intenti a cercare di condurre una “vita più normale possibile”. Poi l’orrore assoluto si è manifestato su Rafah, a fine maggio, una “linea rossa” tracciata dall’asse della resistenza, capeggiato dall’Iran, ma anche da una parte dell’Occidente, che Israele non avrebbe dovuto varcare, ma che ha oltrepassato scioltamente. Un campo profughi bombardato nel cuore della notte, in una zona definita sicura; sono morti atrocemente bambini e civili, ma tra di loro anche terroristi di Hamas che speravano di farsi scudo della disperata umanità li rifugiatasi. La comunità internazionale è rimasta sbalordita; pochi giorni prima una sentenza del Icj, Corte internazionale di giustizia, ordinava ad Israele di interrompere l’assalto a Rafah e ritirare le sue truppe da Gaza, oltre a presentare una richiesta di mandati di arresto per Benjamin Netanyahu e il suo ministro della Difesa, Yoav Gallant, al Cpi, Corte penale internazionale. L’attacco a Rafah apparve come uno smacco agli........