Iran: la morte del presidente Ebrahim Raïssi e l’uranio concentrato

Questa mattina è stata data la notizia, da numerosi media iraniani, che il presidente Ebrahim Raïssi e il ministro degli Affari esteri, Hossein Amir Abdollahian sono deceduti a causa dello schianto dell’elicottero in cui erano a bordo, avvenuto domenica 19 nel nord-ovest dell’Iran. Una notizia certa, data anche dall’agenzia Mehr e dal quotidiano governativo Iran Daily. Un regime che, da tempo, definisco giunto oltre il limite della sua esistenza e che sta vivendo la sua migliore macabra notorietà. Infatti, è presente e agisce su scenari che esaltano un insano egocentrismo e la forsennata ricerca di protagonismo geopolitico (Houthi, Hamas, Hezbollah e cobelligeranza soft con Mosca), mostrando, tuttavia, una miope visione politica e strategica. Dopotutto, il regime sta assassinando la sua popolazione con esecuzioni ritenute esemplari, che come in un vortice alimentano il risucchio della società all’interno di un cerchio mortale. Così, nel mese di aprile in Iran si è registrato un record di esecuzioni di impronta socio-politica, con poco meno di settanta soppressioni di prigionieri, compresi un adolescente e tre donne, oltre decine di curdi e baluchi. Inoltre, circa venti prigionieri sono stati condannati a morte, il loro destino si compirà a breve.

Alla luce di questi drammatici numeri di “assassini di regime” e condanne a morte, l’Hrana, Agenzia di stampa iraniana degli attivisti per i diritti umani, ha affermato che la situazione dei diritti umani in Iran è praticamente annichilita. L’incarcerazione di Hasti Amiri e Zia Nabavi, due “attivisti umanitari”, avvenuta per il loro sostegno ai movimenti studenteschi che rivendicavano i propri diritti, è una dimostrazione di intolleranza assoluta verso........

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