Elezioni in Iran: un futuro per i moderati?
Come previsto, in Iran si sono svolte le votazioni per eleggere il successore del presidente Ebrahim Raisi, morto il 19 maggio in un misterioso incidente mentre volava su un vecchio elicottero non lontano dal confine con l’Azerbaigian. Queste elezioni anticipate coincidono con l’intensificazione delle tensioni regionali dovute all’attuale guerra tra Israele e Hamas (supportato da Teheran) e la crescente crisi tra lo Stato ebraico e gli sciiti Hezbollah in Libano; ma anche dalla cicatrice creata tra Gerusalemme-Tel Aviv e Teheran dopo il primo attacco diretto iraniano contro lo Stato israeliano. Inoltre, va menzionata la crescente pressione occidentale sull’Iran in merito al suo progetto nucleare.
In questo quadro geopolitico, il 28 giugno oltre sessanta milioni di iraniani sono stati chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente. Ahmad Vahidi, ministro degli Interni, ha assicurato che sono stati istituiti circa sessantamila seggi elettorali in tutto il Paese e oltre trecento all’estero. Il confronto si è basato su quattro candidati Mohammad-Bagher Ghalibaf, Saïd Jalili, Mostafa Pourmohammadi e il riformista moderato Massoud Pezeshkian, l’unico centrista fedele al Governo teocratico dell’Iran, ma sostenitore di aperture diplomatiche con l’Occidente, fautore di una riforma economica, del pluralismo politico e di una maggiore libertà sociale.
Rispettando la tradizione, il primo a votare è stato l’Ayatollah Ali Khamenei, Guida suprema, che alle otto del mattino si è recato al seggio di Teheran: davanti a decine di telecamere ha suggellato il “gesto”, dichiarando che le elezioni sono un giorno di festa per il........
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