«Carne dentro una specie di fragile collant», scriveva a proposito del corpo David Foster Wallace in Roger Federer come esperienza religiosa. Oggi quel fragile collant è diventato la nostra ossessione, e forse all’anno che viene sarebbe bello chiedere che si affievolisca almeno un po’. So benissimo che dovremmo chiedere molto altro: dal cessate il fuoco in Medio Oriente al tramonto di Putin, da un impegno non di facciata per l’emergenza climatica, per il lavoro, per la sanità, per la scuola fino al remake di Io e Annie di Woody Allen dove non Marshall McLuhan ma John Ronald Reuel Tolkien interrompe il discorso di Giorgia Meloni ad Atreju per dirle che non ha capito una virgola della sua opera. Intanto, però, si potrebbe cominciare dalla fine dello stigma sui corpi e del controllo sociale su quelli ritenuti poco virtuosi.
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