Stupore, sconcerto, forse un supplemento di cinismo nei confronti della politica. Gli italiani hanno avuto modo di commentare il grande duello sui media ufficiali, nelle chiacchiere dei social. E sembrano sconcertati. Sconcertati coloro che, al Lincoln Memorial, avevano potuto ammirare dal basso in alto l’enorme presidente che dal suo trono di pietra scruta il futuro della nazione. Sconcertati i molti che avevano fatto le ore piccole davanti a House of Cards, seguendo le trame di un altro presidente come fosse una crime story. E sconcertati anche quanti avevano letto le pagine dolenti di Philip Roth – Roth, non Tocqueville – e conoscevano tutta la fragilità della democrazia in America.
Ma ce lo possiamo permettere, questo stupore? Per un paese come il nostro, che ha inventato pratiche democratiche spesso contorte, la costituzione catto-comunista, il bipartitismo imperfetto, il consociativismo, la conventio ad excludendum, e via dicendo, forse per gli italiani quel de profundis dell’America in diretta tivvù dovrebbe suscitare anche altri interrogativi, altre emozioni, forse dovrebbe sollecitare l’autocoscienza. C’è qualcosa che non torna, nel nostro sconcerto. L’Italia della mia generazione aveva scoperto l’America sull’onda delle (sacrosante) mitologie dei vincitori della guerra, Robert Mitchum, Henry Fonda, John Wayne, gli eroi che erano venuti a liberarci dai mostri che noi........