Europee, il grande teatro della menzogna: gli italiani voteranno per il colore dei parati nel soggiorno mentre la casa rischia di bruciare

The $64,000 Question. Rischioso strologare su chi voterà, rischioso su cosa voterà. Ma una cosa si può dire, senza per forza votarsi alla solita smentita del giorno dopo. È stata una campagna elettorale tra le peggiori che si ricordino. È vissuta sulle piccole risse intorno alle liste d’attesa, alla social card, all’hot spot di Shenjin, alle mossette nazionalpopolari di Meloni e allo chicchismo policromo di Schlein. Ha sollecitato dibattiti seriosi sulle gaffe dei ministri, sui saluti romani, sui manganelli della polizia fascista, sulle catene ungheresi, sull’ombra sempiterna della dittatura. Carta conosciuta? Certo, quale campagna elettorale non ha fatto ricorso al richiamo della foresta? Agli artifici di una comunicazione farlocca? Alla finta par condicio dei mezzibusti?

E questa, tuttavia, è stata la peggiore campagna elettorale mai vista. Perché ha avuto la colpa imperdonabile di tacere sulla posta in gioco, di non dire agli italiani che domani e dopodomani saranno chiamati a esprimersi sull’Europa, non sui bonus o sulle tasse. E non l’Europa che conosciamo dai tempi remoti del Trattato di Roma. Non più l’Europa della competizione con il comunismo sovietico, dello scudo americano, delle sbandate terzomondiste, degli affari con le terre del petrolio, quell’Europa irenica fino all’arroganza, fin troppo sicura dei propri valori e dei propri confini. Ma invece un’Europa inusitatamente messa in mezzo tra........

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