Altro che Nobel, Trump mette l’Ucraina spalle al muro e merita il premio Chamberlain così come i politici italiani filo-russi: ma le democrazie hanno ancora carte da giocare

Scrivo queste righe guardandomi indietro. Ma senza la pretesa di concludere alcunché. I mesi alle nostre spalle sono essi stessi non conclusi, rendono difficile il giudizio, ingenue le previsioni. Tutto quanto ci circonda appare fluido come forse non è mai accaduto da un secolo a questa parte. Impossibile mutilarlo con la lama del pessimismo oppure dell’ottimismo. “Il mondo globale diventa sempre più un enigma”, ha scritto Biagio de Giovanni, e “la stessa globalizzazione sembra spingere ora verso la neutralizzazione dei contrasti e un potenziale nuovo cosmopolitismo, ora verso il ritorno della violenza e della guerra”.

Prendiamo la cronaca. Lasciamoci guidare dallo scandalo. Da quello che è senza alcun dubbio lo scandaloso Trump. Anche il New York Times, alla fine, se n’è convinto: il tycoon della Casa Bianca merita un premio, ma non il Premio Nobel per la Pace, gli si dia piuttosto il Premio Chamberlain, propone il foglio americano. Si dia una medaglia alla sua decisione di imporre alla piccola Ucraina il diktat del gigante russo. Si premi il tradimento degli ucraini, come quello di Chamberlain fu il tradimento dei cechi. Perché questo sta accadendo: dopo quattro anni di massacro, Kiev è con le spalle al muro. Prendere o lasciare. La meravigliosa resistenza di un popolo rischia di diventare cenere.

È l’ora più buia per l’Ucraina, titolano i giornali. Ma si dovrebbe dire........

© Il Riformista