Il commento/ Roma accende la fiamma olimpica, spinta per il Paese

Una ragazza e un ragazzo, Jasmine e Filippo. Jaz e Top-Gun, la Paolini e Ganna, il tennis della “nouvelle vague” (che più che un’onda è uno tsunami azzurro di questi tempi) e il ciclismo delle antiche fatiche degli “italiani, brava gente” (anche se lui è più pistard che “stradarolo”: Coppi era tutti e due) hanno preso in consegna in un luogo sacro, lo stadio di marmo bianco, l’antico Kallimarmaro, ad Atene, l’altrettanto sacro fuoco olimpico acceso a Olimpia in un giorno di sole, i raggi catturati da un gioco di specchi. Sorrideva Jasmine: per un’emozione fa batticuore che neanche uno slam; Filippo avrebbe voluto che il suo percorso fosse “un chilometro in più”, lui che in pista conta i metri in centimetri e i secondi in centesimi. E Giovanni Malagò, che quando era presidente del Coni conquistò la fiaccola per le Olimpiadi sparpagliate tra Milano e Cortina, una novità organizzativa destinata a fare scuola, era insieme un’immagine di orgoglio e felicità.........

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