Caro 2026, non farci diventare persone ciniche

Per scrivere a Michela Andreozzi: molto@ilmessaggero.it

Come immaginate il tempo che passa? Cos’è per voi un anno? Lo immaginate come un’autostrada, un posto, un sentimento, una linea astratta, una figura geometrica? Per me assomiglia a un gioco dell’oca: una specie di percorso ovale che si ripete ogni anno. 


Mentre scrivo (sul tavolo della tombola tra briciole di frutta secca e cartelle di plastica a cui manca qualche finestrella) le giornate hanno già ripreso impercettibilmente ad allungarsi e mi chiedo perché ogni nuovo anno ci costringa sempre a misurarci con bilanci, aspettative e speranze che a volte non siamo nemmeno in grado di concederci. Sei stato un anno tondo e pertanto pieno di aspettative, caro 2025, ma comunque un anno difficile, soprattutto per noi romani: il Giubileo, i lavori infiniti, la perdita di un pontefice amato, la crisi degli affitti. 
Un anno di guerre impossibili da raccontare ai bambini, di lotte per i diritti umani, di violenze di genere e di emergenze climatiche. Ma........

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