Andrée Ruth Shammah
MILANO – Fuori scala. Fuori misura. Un cantiere aperto H24: di parole e di progetti e di passioni. Nel caleidoscopio esistenziale milanese, Andrée Ruth Shammah rappresenta il moto perpetuo. Un fuoco che brucia sotto il parquet del suo Franco Parenti, salotto buonissimo del teatro cittadino, cresciuto a pane e borghesia.
Shammah, lei è uno dei simboli della Milano che non dorme.
“D’accordo, mi ci riconosco. Ma il sogno è quello di riposarmi. E credo che farebbe bene anche a Milano rallentare un attimo e recuperare un po’ di calma. Forse però non è il momento”.
Cosa intende?
“Che il mondo è impazzito. Non mi sarei mai aspettata che qualcuno potesse distruggere il murale dedicato a Liliana Segre. Sarà pure una frangia piccolissima, ma rimango basita. E mi domando se in realtà non stiamo ballando sul Titanic”.
Addirittura?
“Certo. Poi se rimango nel mio, non posso lamentarmi di nulla, la mia ottica sulla realtà è come deformata dal fatto che le cose mi vanno bene. Ma ad allargare lo sguardo vedo molta agitazione e paura del futuro. Senza entrare troppo nei dettagli per cortesia, perché non mi piace sbilanciarmi sul sentito dire”.
Non vuole insomma parlare delle periferie.
“Abito in Brera e lavoro al Franco Parenti, vivo insomma in una gabbia........