L'infelicità degli Agnelli mi è sempre apparsa un mito comodo. Sono sempre stati loro stessi a raccontarci le sciagure - tutte, tranne la povertà della dinastia, tramite i guitti della reggia, condendole in modo tale da uscirne con una medaglia sul petto, e sovvenzioni statali in tasca. Anche quando Edoardo, povero figlio, si gettò da un cavalcavia, schiantandosi sul greto di un torrente arido come il padre, invece di avvolgere il poveretto di pietà, tutti si precipitarono a rendere onore all'Avvocato di cui il giovane non aveva compreso l'amore severo ma giusto. Ci spiegarono i lacchè, con la penna e la voce di circostanza, che davvero il denaro non dà la felicità, ma con il cavolo che questa stirpe rinuncia a un cespito patrimoniale, o regala al popolo un Monet o un Modigliani.
Dalla lettura delle loro liti con la descrizione delle loro lacerazioni affettive e depressioni connesse, motivate dalla spartizione della pecunia tra eredi di Gianni e della di lui vedova Marella, sono uscito, come penso la maggioranza degli italiani, pure un po' incazzato: ci hanno già portato via tutto, hanno spazzolato finanziamenti e regalie della collettività senza mai perdere l'appetito, e adesso rubano ai povericristi anche l'esclusiva dell'infelicità. Insomma, ci hanno stufato.
Ecco però che ritengo necessario riferire una notizia riguardante gli Agnelli. Mi si è incollata addosso, l'ho riletta tre volte per crederci. Noi scusate se allargo il mio io - riteniamo infatti che sia impossibile per dei bambini ricchi crescere infelici. Li immaginiamo magari costretti a vestire alla marinaretta, sottoposti a noiose lezioni sul modo di maneggiare le........