Avatar 3, la bellezza lascia il posto all'odio Le famiglie disintegrate di Jarmusch

Quando 16 anni fa “Avatar” irruppe nelle sale di tutto il mondo, fu chiaro che a James Cameron non interessava più fare film, ma creare un suo mondo-cinema, che permettesse all’immagine di dominare il rapporto con lo spettatore. E forse è per questo che dopo tale portentosa epifania, ora questa fantastica avventura, giunta al terzo capitolo, a taluni può perfino sembrare noiosa e ripetitiva, avendo perso un po’ pigramente la suggestione.  “Avatar – Fuoco e cenere”, a tre anni dal precedente “La via dell’acqua”, seduce ancora l’occhio come nient’altro, con uno stupore quasi magnetico per ogni azione, ogni paesaggio, ogni architettura, dimostrando come James Cameron oggi sia forse l’unico autore capace di dare ancora un senso esclusivo alla sala, confermando in modo coerente la filosofia che sta dietro a tutto il suo lavoro e la mitologia di quella parte di cosmo che si manifesta in Pandora, una delle lune del pianeta Polifemo. E d’altronde restano ancora intatti i grandi temi del pacifismo, dell’ecologia, del bisogno della famiglia, del rapporto padri/figli (qui ora nella dualità di naturale e adottivo), di una consapevolezza femminile di prendersi la storia (magnifico........

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