Le continue intimidazioni russe spingono von der Leyen a rafforzare la preparazione militare dell'Ue. Per qualcuno questa è una condanna a un'escalation imminente, ma bisogna ricordare che ciò che Putin teme di più è una difesa europea efficace
Le parole nette e inequivocabili di Ursula von der Leyen hanno provocato una prevedibile serie di reazioni, tra le quali, al netto dei possibili fraintendimenti, alcune in cui si scorge una capziosa e pervicace volontà di scambiare le cause con gli effetti, allineandosi oggettivamente ai megafoni della propaganda putiniana e ai suoi ripetitori nostrani. Che cosa aveva sostenuto la presidente della Commissione europea? Che, a fronte della continuata aggressione della Russia all’Ucraina (entrata ormai nel terzo anno), delle ripetute minacce di Vladimir Putin e dei suoi collaboratori e portavoce all’indirizzo di paesi membri dell’unione (e della Nato), la prospettiva di essere trascinati in una guerra dalla Russia (come è già capitato all’Ucraina) fosse “non imminente, ma non impossibile”, per cui i paesi membri dovevano assumersi la responsabilità di incrementare il livello di preparazione, prontezza, equipaggiamento e numerosità delle proprie Forze armate e che dovessimo “incrementare la produzione di armi, esattamente come fatto con i vaccini durante l’emergenza Covid”. Una ferrea logica razionale, direi. Da una parte dei commentatori si è invece voluto gridare allo scandalo per l’accostamento tra i vaccini e le armi e per il fatto che, preparandosi al peggio, l’Unione ci precipitasse verso una catastrofica guerra contro la Russia e, potenzialmente, verso la Terza guerra mondiale.
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