Tony Effe torna a ostentare riccanza. La vita del trapper da grande

“Icon”, secondo album da solista dopo la parentesi Dark Polo Gang vale la pena di essere ascoltato. Sia per indagare l'evoluzione artistica del cantante, sia per i featuring presenti e i tormentoni in apertura

C’era una volta la Dark Polo Gang, ricordate? L’alba della trap, i ragazzi della Roma bene che scendono in campo sbandierando emblemi di un’ultima decadenza, fine dell’innocenza: dicono che contano solo i soldi, le pupe, il lusso, le droghe per stonarsi e ogni possibile chiave di ostentazione, per far rosicare gli altri, poveretti. E’ un fumetto, è chiaro, ma all’epoca viene preso sul serio da giornalisti e sociologi e condannato come sintomo della disgregazione e dello scadimento intellettuale, culturale e valoriale della nuova e brutta gioventù. Rampogne saccenti e banali, stupidate. In verità era un gioco e anche una vendetta: nel profluvio di chiacchiere che ridimensionava il portato di una generazione schiava degli smartphone e dai consumi superflui, questi tipi si presentavano con tutto il braggadocio che riuscivano a inventarsi, pronti a dire cose orribili su musiche sgangherate, con in più l’innervosente risultato di diventare piccoli idoli tra i loro pari (per carità, c’erano anche legioni di buoni, pronti a detestarli e a bollarli come vergogna urbana).

Del resto, su al nord, la congrega di Sfera........

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