L'antimafia politicante che non ha cambiato la politica

Da Orlando a Chinnici, i candidati alle europee che spolverano di perbenismo le liste. Dopo opportuni cambi di casacca

Trent’anni fa erano baldanzosi, coraggiosi, a tratti persino spocchiosi. Cavalcavano il dolore e l’indignazione, teorizzavano la cultura del sospetto, andavano tra la gente stordita dal sangue delle stragi e confortavano le vittime con parole di speranza, sfidavano boss e picciotti della mafia e denunciavano con forza ogni indizio di corruzione, di intrigo, di arroganza e malaffare. Non solo. Scalavano pure i palazzi del potere. Ricordate Leoluca Orlando, il ragazzo col ciuffo sudaticcio appiccicato sulla fronte? Cresciuto nel ventre molle della Dc si rivoltò contro Salvo Lima e Giulio Andreotti, segnò a dito le collusioni e le compromissioni con Cosa nostra, si mise alla testa degli onesti che invocavano verità e giustizia, e con le mani nude conquistò il comune di Palermo. “Viva Palermo e Santa Rosalia”, gridarono con lui i chierici del comitato antimafia, eccitati da Ennio Pintacuda, il gesuita che ispirò la rivolta. E quando il mite Leonardo Sciascia, scrittore illuminato dalla ragione, denunciò sul Corriere della Sera i professionisti dell’antimafia, la confraternita del sindaco Orlando non esitò a sputacchiarlo e a collocarlo, come un piccolo delinquente di periferia, “ai margini della società civile”.

Trent’anni dopo, Palermo cerca faticosamente di fare i conti con le macerie e di rimarginare le ferite provocate da quella beffarda stagione. Ma lui, Leoluca Orlando, è ancora lì che tenta di piazzare la propria immagine e la propria storia al migliore offerente. Ha cercato la sponda del Pd, il partito che lo ha sempre fiancheggiato, anche se a debita distanza, ma non ha trovato udienza. E dopo dieci, cento, mille peregrinazioni ha trovato casa nella sinistra estrema di Bonelli e Fratoianni. E’ capolista nella circoscrizione delle Isole, e spera di riconquistare un biglietto per Strasburgo.

L’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando non ha trovato udienza presso il Pd e ha preso casa in Avs. L’ostacolo del quorum

Chi l’avrebbe mai detto? Dopo avere dominato per un quarto di secolo il palcoscenico del potere, l’ex sindaco della cosiddetta primavera di Palermo si ritrova confinato – sopportato, si stava per dire – in un partito che boccheggia e che difficilmente riuscirà a superare il quorum del quattro per cento, necessario per essere ammessi alla ripartizione dei seggi del Parlamento europeo. Ma il treno per Bruxelles è diventato l’ultima occasione che i professionisti dell’antimafia hanno per dire al mondo che esistono e che possono ancora avere un ruolo nella cosiddetta società civile. Come i nonni garibaldini vengono messi in lista al solo scopo di dare, al popolo degli elettori, un’immagine di perbenismo, di rigore, di attaccamento alle regole. I partiti li corteggiano e li arruolano. Se li appuntano sul bavero della giacca e vanno in giro per l’Italia a tromboneggiare in nome della legalità e del buongoverno.

Se Orlando è andato con l’Avs di Bonelli e Fratoianni – gli stessi che si sono intestati il compito non facile di salvare Ilaria Salis dalla tortura ungherese – la lista “Libertà” di Cateno De Luca ha reclutato il capitano Ultimo, il carabiniere che dal gennaio 1993 intesta a se medesimo il merito di avere catturato a Palermo il boss dei boss: quel Totò Riina che era stato latitante per 23 anni e che a capo dei sanguinari corleonesi aveva deciso di........

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