Padri e figli rivoluzionari. I Salis e i predecessori Donat-Cattin

Nel teatro tragico greco c’è un tema misterioso e terribile. I figli sono destinati a pagare le colpe dei padri. E i figli ribelli che si rivoltano al proprio destino o uccidono il padre o uccidono sé stessi. La vicenda di oggi però con Sofocle non c'entra

Nel teatro tragico greco c’è un tema misterioso e terribile. I figli sono destinati a pagare le colpe dei padri. E i figli ribelli che si rivoltano al proprio destino o uccidono il padre o uccidono sé stessi. Da Sofocle a Philip Roth, dai sofisti fino ai giovani rivoluzionari degli anni Settanta, ogni rivolta avviene sullo sfondo di questo conflitto. Ma nel caso di Ilaria Salis, la più celebre delle ribelli italiane d’oggi, la scena è del tutto diversa: su di lei è piuttosto ricaduta l’innocenza del padre, senza il quale non sarebbe mai stata eletta al Parlamento europeo, e nemmeno liberata, ieri, alle ore 13, con la rimozione del braccialetto elettronico. “Vado a prenderla e me la porto a casa”, ha detto subito Roberto Salis. “Festeggeremo i suoi quarant’anni, lunedì, a casa”.

I collegamenti tv, le interviste ai giornali, le trattative politiche, l’idea di portare le telecamere in tribunale, a Budapest, per far vedere com’era trattata sua figlia: senza la campagna mediatica e politica di papà Salis, Ilaria difficilmente sarebbe uscita dalla galera dov’era rinchiusa dall’11 febbraio del 2023 con l’accusa di aver partecipato al pestaggio di un neonazista ungherese. Cinquantotto anni, ingegnere, libero professionista, un passato da manager, prima che iniziasse questa storia, Roberto Salis era un conservatore liberale. Nel 2013 si era candidato nella lista di Oscar Giannino, Fare per fermare il declino. In rete si trovano ancora suoi post solidali con l’Ungheria di Orbán, a suo avviso ingiustamente marginalizzata per la vicinanza alla Russia di Putin. Quando nel febbraio del 2023 ci fu una scazzottata tra studenti di destra e sinistra davanti al liceo di Michelangiolo di Firenze, lui si schierò dalla parte degli studenti di destra: “Quelli che lei chiama ‘fascisti’ – scrisse su X a Matteo Orfini – si stavano difendendo dal solito attacco del collettivo studentesco”. E nel settembre del 2022, scrisse: “Piuttosto che votare per Fratoianni, emigro”.

Quasi due anni dopo, la figlia Ilaria è stata eletta al parlamento europeo proprio nella lista di Fratoianni e Bonelli, Alleanza Verdi e Sinistra, con 176 mila voti di preferenza. Antifascista militante, Ilaria è ai domiciliari a Budapest dal 15 maggio 2024, dopo un anno e tre mesi di galera preventiva, culminati con le immagini del suo ingresso in ceppi nell’aula di un tribunale d’Ungheria. Rischia fino a 24 anni di prigione. Pena apparsa ai più sproporzionata, per le ferite che avrebbe contribuito a infliggere: secondo i referti, guaribili in pochi giorni. Quasi nessuno, in Italia, è stato così stolto da non riconoscerlo. Eppure, quella che era nata come una battaglia civile, per il diritto di essere trattati con dignità in ogni stato dell’Ue, si è trasformata ben presto in una campagna politica e ideologica. Una lotta del bene contro il male. Per colpire, attraverso l’Ungheria di Orbán, la presidente del consiglio Giorgia Meloni, sua alleata. Con picchi di esaltazione come quelli del professor Christian Raimo, che, ospite della trasmissione “L’aria........

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