L'Autorità per il trattamento dei dati personali dal 2021 monitora i contenuti che potrebbero essere oggetto di "revenge porn". Ma poi si limita a comunicare i codici alle piattaforme, senza alcun obbligo di riscontro

Immaginate una riunione dell’Autorità Garante della privacy in cui, tra una decisione sull’applicazione del Gpdr e un parere su un emendamento in Parlamento, il presidente e il collegio dell’Autorità sono chiamati a esprimersi sulla natura di un video porno. Visionato da un maxi-schermo posizionato nella stanza in cui ci si riunisce. Sembra uno scherzo, ma è quel che accade realmente all’organismo presieduto da Pasquale Stanzione. Dal dicembre 2021, infatti, tra le competenze attribuite al Garante c’è anche quella di provare a bloccare la diffusione di materiali che rientrano nella categoria del “revenge porn”, ovvero foto e video che vengono messi in rete con l’intento di ledere l’immagine per esempio di un ex partner.

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Così il Garante della privacy s'è trasformato in una buca di video porno

Così il Garante della privacy s'è trasformato in una buca di video porno

L'Autorità per il trattamento dei dati personali dal 2021 monitora i contenuti che potrebbero essere oggetto di "revenge porn". Ma poi si limita a comunicare i codici alle piattaforme, senza alcun obbligo di riscontro

Immaginate una riunione dell’Autorità Garante della privacy........

© Il Foglio