Tutele, paga oraria, controllo degli algoritmi e un contratto collettivo per gli autonomi che fanno la spesa per conto terzi e gliela portano a casa. Un caso che può far scuola

La vitalità delle relazioni industriali made in Italy riserva sorprese. Mentre sul fronte dei rider ci si divide da anni sulla soluzione “sindacale” da adottare per contemperare lavoro autonomo e tutele un’altra piccola categoria di partite Iva ce l’ha fatta. Sono gli shopper, per ora 2.500 in tutto e si tratta della figura professionale di quelli che fanno la spesa per conto terzi e gliela portano a casa. Una modalità che sta prendendo piede vuoi per l’invecchiamento della popolazione vuoi per la difficoltà, soprattutto nelle grandi città, di conciliare tempi di vita e lavoro. Gli shopper operano su mandato di alcune piattaforme digitali – la più grande si chiama Everly – che a loro volta si riforniscono da supermercati e punti vendita entrati in partnership. Queste piattaforme hanno una loro associazione di rappresentanza, l’Assogrocery, che ha deciso di creare un contratto nazionale di lavoro. Dall’altra parte del tavolo a firmarlo non sono state delle sigle nate per incanto ma addirittura le tre grandi confederazioni sindacali tramite le strutture delegate ad occuparsi del lavoro indipendente: Nidil-Cgil, Felsa-Cisl e Uiltemp-Uil.

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Perché il contratto degli shopper è una svolta positiva

Perché il contratto degli shopper è una svolta positiva

Tutele, paga oraria, controllo degli algoritmi e un contratto collettivo per gli autonomi che fanno la spesa per conto terzi e gliela portano a casa. Un caso che può far scuola

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