Tabù pacifisti da rimuovere per proteggere l’interesse nazionale nel globo “terracqueo” e anche in quello subacqueo. Parla Pierroberto Folgiero

Proteggere i nostri mari, già, ma in che senso? Ci si concentra molto su quello che si vede, ma bisognerebbe forse cominciare a concentrarsi progressivamente su quello che non si vede, su quello che non affiora, su quello che, ormai da anni, si muove sotto la superficie dei conflitti conosciuti. Ci si concentra molto sugli interventi necessari da mettere in campo per rendere meno pericoloso il transito delle navi commerciali nel Mar Rosso, ma ci si concentra ancora poco su tutto quello che accade sotto quelle navi, in quella zona d’ombra del mondo sottomarino dove vi sono conflitti latenti, che la guerra combattuta dagli houthi contro l’occidente (ieri, secondo Associated Press, un attacco da parte dei ribelli houthi dello Yemen a una nave commerciale americana nel Golfo di Aden avrebbe causato delle vittime) ha per la prima volta portato alla luce del sole.

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Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

L’ad di Fincantieri ci dice cosa manca all’Ue nella difesa del Mediterraneo 

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