La “Cartabia” ha sfasciato il processo in nome del mito efficientista. Bastava un pugno di magistrati

Se prima dell’inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti italiani eravamo tutti consapevoli dei danni causati dalla riforma Cartabia al processo penale, dopo questo incontro abbiamo scoperto, con amarezza pari solo allo sdegno, che si è trattato di un intervento normativo non solo tecnicamente, ideologicamente e culturalmente sbagliato, ma anche del tutto inutile e ingiustificato.

Dirompente, addirittura sconvolgente, è stato il breve indirizzo di saluto del Presidente della Corte d’appello di Roma. Secondo il dottor Meliadò, per far funzionare la più grande Corte d’appello d’Italia e forse d’Europa basterebbero 22 giudici in più: «vi sono grandi problemi che si possono risolvere con piccole soluzioni … basterebbero 22 magistrati in più da destinare alle sezioni penali e riusciremmo a dimezzare i processi pendenti».

Le parole del Presidente Meliadò pesano come un macigno sulla riforma Cartabia, tenendo conto che proprio le Corti d’appello di Roma e Napoli erano state esposte al pubblico ludibrio per il dissesto cronologico dei giudizi di impugnazione sui quali si voleva intervenire.

Con soli 22 giudici in più ci saremmo risparmiati il furore del riformismo efficientista che ha reso l’appello un giudizio scritto e segreto, che ha imposto un modello di impugnazione a critica vincolata dalla specifica confutazione degli argomenti esposti dal giudice di........

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