Un magistrato che si è trovato a indagare, qualche anno fa, sui rapporti tra società di calcio e frange più estreme del tifo ha affermato che in genere, quando si verificano dei disordini o degli atti violenti ai danni dei tesserati o dei dirigenti, non necessariamente si tratta di una cattiva notizia. Trent’anni di inchieste, infatti, dimostrano che nelle piazze più calde non sempre la quiete da parte delle curve coincide con una situazione sana. Anzi, il più delle volte la tranquillità nasconde una “pax” imposta dagli ultrà a colpi di ricatti e minacce, che regge in quanto foriera di vantaggi economici per i capi-ultrà e per le loro “bande”. Non è un caso che quasi sempre le inchieste sono arrivate quando questa pax è saltata e si sono verificati episodi particolarmente gravi, e nella maggior parte dei casi gli ultrà sono riusciti a riconquistare i propri privilegi, dopo averli temporaneamente persi.
A scorrere la storia di queste relazioni pericolose, si direbbe che il salto di qualità sia stato operato sul finire degli anni Ottanta, col passaggio da una fase “spontaneista” e di aggregazione mutuata nel decennio precedente dai gruppi politici extraparlamentari o estremisti (riscontrabile anche nella scelta di nomi come “brigate”, “collettivo”, “commando”,........