I test psicoattitudinali per accedere in magistratura continuano ad essere in queste settimane oggetto di accesso dibattito fra le toghe. Il dlgs numero 44 del 28 marzo scorso ha stabilito che terminata la valutazione degli elaborati i candidati “sostengono i test psicoattitudinali individuati dal Csm nel rispetto delle linee guida e degli standard internazionali di psicometria”. L’insufficienza nel colloquio psico attitudinale è motivata con la sola formula “non idoneo”. La nuova previsione, la cui entrata in vigore sarà a partire dal 2026, si propone lo scopo di verificare non le abilità cognitive dell’aspirante ma la precondizione dell’equilibrio.
Tralasciano l’evidente sperequazione rispetto le magistrature speciali dove non sono stati previsti, l’asso nella manica di coloro che avversano i test rimane sempre, anche dopo quarant’anni, il richiamo alla Loggia P2 di Licio Gelli. Essendo contenuti, al pari della separazione delle carriere, nelle 13 pagine del Piano di rinascita democratica, chiunque li proponga è automaticamente “accusato” di voler asservire la magistratura al potere esecutivo. Un articolo apparso questa settimana su Questione Giustizia, a firma del giudice di Siena Simone Spina, a parte l’immancabile richiamo massonico, punta invece a smontare in radice l’utilità dei test, rispondendo indirettamente a coloro che, ad iniziare dal........