«Edilizia penitenziaria, non servono più celle ma interventi di sistema»

«Il lavoro che attende Marco Doglio, il neo Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, è un lavoro da far tremare i polsi. Ma si tratta di un professionista molto preparato, con una solida esperienza universitaria in pianificazione territoriale e trasportistica, e una esperienza manageriale nel settore immobiliare di tutto rispetto anche per quanto riguarda gli aspetti contrattuali». L’architetto Domenico Alessandro de Rossi, architetto e presidente del Cesp (Centro Europeo Studi Penitenziari), ne parla con cognizione di causa interessandosi di carceri e di edilizia penitenziaria da sempre. La prossima settimana uscirà il suo ultimo libro “Quando la pietra scolpisce la mente. Neuroscienze e Semiotica dell'architettura delle comunità confinate”, scritto insieme allo psicoterapeuta Alfredo De Risio.

Architetto de Rossi, c’era bisogno di un Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria?

Direi proprio di sì. Serve nella misura in cui riuscirà a fare un’operazione sistemica di grande sintesi dei tanti problemi dell’universo penitenziario, che ha competenze differenziate. Parliamo di edilizia, di infrastrutture, di territorio, di giurisdizione, di amministrazione, di polizia penitenziaria. Si tratta di un lavoro che, non essendo stato affrontato in maniera sistemica, negli ultimi 20-25 anni ora presenta tutte le sue criticità. Non si può dire che solo oggi esiste il problema dei suicidi, succedeva anche negli anni scorsi, seppur con numeri diversi. Oggi purtroppo la situazione si è cronicizzata. Perché non si è intervenuto prima?

L’ex ministro della Giustizia Orlando organizzò gli Stati generali della giustizia penale, con 18 tavoli tematici.

Purtroppo tutto quel lavoro non ebbe una realizzazione........

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