Sul fine vita la Corte costituzionale non “corregge” se stessa. Ma bussa ancora alla porta della politica muta, e invita tutti a rispettare le regole di accesso al suicidio assistito stabilite cinque anni fa. Regole che restano invariate, spiega la Corte, ma reinterpretate per ciò che riguarda il criterio dei “trattamenti di sostegno vitale”. Ovvero uno dei quattro requisiti sanciti nel 2019 con la sentenza 242 sul caso Cappato Dj/Fabo, il nodo sul quale la Corte era chiamata nuovamente a pronunciarsi per estenderne o restringerne l’interpretazione. Oppure, per superarlo.
Con la sentenza 135 depositata oggi, i giudici delle leggi decidono di conservarlo. Ma al contempo di ampliarlo, spiegando nel dettaglio cosa bisogna intendere per sostegno vitale: non necessariamente un “macchinario”, dunque, ma un trattamento sanitario da cui dipende la vita del paziente. «La Corte ha, anzitutto, escluso che il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale determini irragionevoli disparità di trattamento tra i pazienti», si legge nel comunicato di presentazione della sentenza. Con la quale la Consulta ha dichiarato «non fondate» le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal gip di Firenze sull’articolo 580 del codice penale........