Il telefono cellulare è il custode della nostra vita privata può finire nelle mani di un pm solo se è indispensabile

Nell’era digitale e della smaterializzazione dei rapporti interpersonali o dell’IA comunicativa, pare non esserci nulla di più personale ed intimo del proprio telefono cellulare, quasi a costituire un nuovo arto del corpo del proprietario o assurgere a custode di una vita di relazioni.

Su questo tracciato la Corte Costituzionale, nella nota sentenza n. 170/ 2023, inquadrava il concetto di “corrispondenza” quale più ampio genus della species di “comunicazione di pensiero umano ( idee, propositi, sentimenti, dati, notizie) tra due o più persone, attuata in modo diverso dalla conversazione in presenza”, concetto tutelato ex art. 15 Cost. che assicura a tutti i cittadini la segretezza “della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”: posta elettronica, SMS e messaggi inviati tramite l’applicazione WhatsApp ( o altri sistemi di cd. messaggistica istantanea) “rientrano a pieno titolo nella sfera di protezione dell’art. 15 Cost., apparendo del tutto assimilabili a lettere o biglietti chiusi”, ove la riservatezza è assicurata dal dispositivo, accessibile solo al soggetto che abbia la disponibilità dello stesso, normalmente protetto anch’esso da codici di accesso, chiavi virtuali, ID o altri meccanismi di identificazione. A ciò si aggiunga come il cellulare funga da contenitore di corrispondenza cronistorica, cd. statica e già intercorsa: proprio su........

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