Trilogia del bevitore naturale/Episodio 3: L’Apostolo del Reel e i Compagni del Calice Liberato |
La serata comincia prima che tu arrivi. Formalmente l’evento inizia alle otto, ma il vero orario è quello segnato sui social: alle diciannove e quarantasette compare il primo reel, lui che stappa al rallentatore una bottiglia arancione come un tramonto industriale, la scritta in sovrimpressione “Nessuna resa alla chimica”, audio di sottofondo un coro distorto che ripete “liberi, liberi, liberi”. Quando entri nel locale, la metà dei presenti ti ha già preceduto lì, in quel video.
Il posto si chiama “Cantina Civile”, ma la cantina è al piano di sopra e la civiltà è opzionale. Al piano terra, un’unica sala lunga, tavoli stretti, luce bianca un po’ crudele, scaffali ricolmi di etichette con grafica irregolare: volti stilizzati, slogan, animali totemici. L’Apostolo del Reel è dappertutto. Dal vivo si muove dietro il banco, veste nero con una giacca che pare uniforme di un movimento che non è mai esistito; sul muro, uno schermo proietta in loop i suoi video: lui che versa, lui che parla, lui che guarda in camera con sguardo di chi ha appena scoperto una verità scomoda che devi sapere anche tu, subito.
I Compagni del Calice Liberato occupano il locale come una minoranza parlamentare sicura del proprio diritto morale. Hanno braccia tatuate di grappoli, tote bag con scritte tipo “No farmer, no party”, magliette con frasi che non sono mai solo ironiche. Parlano di “lotta”, “territori sotto attacco”, “resistenza in vigna”. Non sono contadini, quasi nessuno viene dalla campagna, ma hanno imparato il lessico di chi fa politica e lo applicano alla carta dei vini.
L’Apostolo del Reel non è un oste. È un oratore con bottiglie. Fa tutto: seleziona i vini, serve ai tavoli, modera il dibattito, registra frammenti per i social. Ogni gesto ha un doppio obiettivo: soddisfare chi è qui fisicamente e nutrire chi è altrove, dentro lo schermo. Quando porta un calice al tavolo, lo appoggia con un’attenzione al taglio della luce che non ha nulla a che vedere con la sete. Prima ancora che tu lo assaggi, lui ha già controllato se la schiuma regge i due secondi di inquadratura.
Il primo vino della serata è un bianco torbido di pianura, vitigno dimenticato, fermentazione in vasca di cemento, niente filtrazioni, niente chiarifiche. Tecnicamente, un onesto esperimento di contadino ostinato. Ma qui non ti dicono questo. Qui ti dicono: “È un vino che non chiede permesso. È un atto di insubordinazione al protocollo chimico-industriale”. L’Apostolo parla in piedi sulla cassa di legno che funge da palco. Tiene il calice come un microfono spento. “Quando bevo questo vino, penso a tutte le volte in cui ci hanno detto che non c’era alternativa. Bevetelo come un no”. I Compagni annuiscono; qualcuno alza il pugno, con cautela, per non rovesciare.
Il vino è corretto, leggermente ossidativo, una nota di mela cotta, un finale amaro che potrebbe essere rustico, ma dentro questo teatro diventa “taglio netto con il compromesso”. Cerchi di concentrarti sul bicchiere, ma la voce dell’Apostolo ti arriva anche da dietro, da uno dei reel che parte dallo schermo: la stessa frase, ma con i sottotitoli, con un filtro che rende il colore del vino più caldo, più eroico. Dal vivo, il liquido è un po’ spento. Online, è un fiume dorato indomabile.
A metà sala, un tavolo è occupato da quattro trentenni in elegante casual. Li riconosci subito: sono i Disertori dal Corporate. Hanno lasciato da poco un lavoro in azienda e ora frequentano il Calice Liberato per sentirsi dalla parte giusta della storia. Uno di loro racconta di quando beveva “solo Champagne seri”, adesso “non potrei più tornare indietro, una volta che hai scelto da che parte stare”. Non parla di gusto, parla di schieramento. L’Apostolo li sente, passa, versa ancora. “Le bollicine giuste sono quelle che non devono chiedere permesso a nessun disciplinare”, dice, inquadrando al volo il tavolo con il telefono. Uno dei quattro ride, ma controlla subito se la risata stava bene nel video.
Il secondo vino è un rosso scarico, servito leggermente fresco. L’etichetta, disegnata da un artista amico, mostra una barricata di bottiglie. “Questo non è un vino, è un presidio”, annuncia l’Apostolo. “Viene da un territorio che la chimica ha tentato di colonizzare. Oggi lo riportiamo in........