Social e IA, vietare tutto agli adolescenti

All’inizio di dicembre è entrata ufficialmente in vigore in Australia la legge che vieta i social ai ragazzi al di sotto dei 16 anni. I social interdetti sono: Facebook, Instagram, Kick, Reddit, Snapchat, Threads, TikTok, Twitch, X and YouTube. La misura restrittiva esige dalle compagnie tecnologiche che gestiscono le grandi piattaforme di comunicazione di identificare e disabilitare gli account di tutti gli australiani al di sotto dell’età indicata dalla legge.

Una prima parte dei ragazzi ha reagito positivamente. “Meritiamo di scoprire chi siamo senza algoritmi che ci dicano cosa ci piace, che cosa pensare e come sentirci”, ha commentato Flossie una ragazza di 12 anni che vive in Tasmania. Le parole di Flossie vanno ascoltate dagli adulti per ciò che realmente sono: una lucida, lungimirante visione della realtà che ci parla dal futuro, una severa ammonizione contro la dissociazione del nostro pensiero dall’affetto e dai sentimenti che ci rende incapaci di comprendere la nostra posizione nel mondo. Al commento di Flossie hanno fatto ecco altri adolescenti, tra l’Australia e gli Stati Uniti, parlando della dipendenza dai social che li isola dalla vita e spesso li tiene davanti al computer alla ricerca di cattive notizie: il cosiddetto “doomscrolling, letteralmente lo “scorrere del destino”. Una seconda parte dei ragazzi pur condividendo le preoccupazioni del governo e del parlamento australiano, ha sottolineato l’importanza che possono avere i social, specialmente per chi di loro vive in una piccola città e non viaggia molto, per non restare esclusi da ciò che accade nel mondo.

I social sono nati sull’onda dell’entusiasmo per la globalizzazione delle relazioni di scambio economiche, affettive e culturali. Prima della loro comparsa chi viveva in piccole città e villaggi non era così isolato dal mondo, come i ragazzi di oggi pensano, anche quando non aveva grandi possibilità di viaggiare. Le idee e i sentimenti viaggiavano attraverso lo spazio e il tempo con l’aiuto dei libri, della musica, dei giornali, della radio, della televisione, del cinema. Le fortune delle “capitali” spesso le facevano dei “provinciali” che lontano dalle luci della ribalta sognavano da cittadini del mondo.

Quando sono apparsi, i social sembravano, sulla carta, in grado di ampliare lo spazio delle comunicazioni e delle relazioni di scambio supportandole sul piano logistico. Ciò è accaduto solo in parte. In prevalenza i social hanno agito nella direzione opposta depauperando le relazioni sul piano delle emozioni e svuotandole di significato reale. Hanno convertito la rapidità estrema della comunicazione in accelerazione spinta del pensiero e dell’azione che, privati della loro sedimentazione e maturazione affettiva, sono diventanti comportamenti impulsivi e spersonalizzanti.

Oggigiorno i social conglobano in una sola cosa il tempo “socialmente utile” e il “tempo libero” e ciò che fanno guadagnare in termini di immediatezza e di ampiezza spaziale lo fanno perdere in termini di persistenza e di ampiezza temporale. Vivendo nel “qui e ora” bruciano tutto in un attimo e producono un senso di inconsistenza delle cose nel tempo e di futilità. Uno dei motivi per cui nel loro universo le cattive notizie hanno successo, è il fatto che tali notizie favoriscono la costruzione di “bunker” psichici. Creano così........

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