I bioantropologi italiani, Nordio e il "codice genetico" degli uomini |
Il ministro Carlo Nordio non smette di stupire. Le sue dichiarazioni sono sempre foriere di stupore, come l’invito a non insistere nelle indagini su casi controversi, come quello di Garlasco, dopo tanti anni. O quelle sulla sua passione per gli spritz e altre bevande alcoliche.
Il 21 novembre 2025 intervenendo all’High Level International Conference Against Feminicide alla Camera dei deputati, ha superato sé stesso.
Parlando della violenza di genere e più specificamente del codice genetico maschile, come ha denunciato in una lettera aperta l’AAI (Associazione Antropologia Italiana), Nordio «ha collegato l’aggressività maschile al “codice genetico” riproponendo un vecchio ma diffuso errore: confondere biologia e cultura e rafforzare stereotipi sull’uomo “naturalmente” cacciatore e sulla donna “naturalmente” subordinata. Il cromosoma Y contribuisce allo sviluppo sessuale, ma non determina comportamenti complessi e non stabilisce ruoli sociali. Per i comportamenti violenti, il ruolo del Dna è marginale rispetto a fattori ambientali, sociali e culturali: la genetica potrebbe modulare alcune predisposizioni, ma da sola non “spiega” la violenza. Insomma, ridurre la disparità di genere a una presunta “ribellione del Dna maschile” significa attribuire alla biologia responsabilità che non le appartengono».
I bioantropologi italiani, insieme alla Federazione Italiana di Scienze della Natura e dell'Ambiente, alla Federazione Italiana Scienze della Vita e alla Federazione delle Consulte Universitarie di Archeologia, fanno notare con forza e chiarezza al ministro, che "anche molti modelli antropologici tradizionali sono stati superati. La visione tipica degli anni ’60, presente anche in ambito antropologico, che assegnava agli uomini un ruolo esclusivo nella caccia e relegava le donne a figure subordinate, non trova conferma negli studi etnografici più recenti: nelle società di caccia e raccolta, le donne partecipano attivamente, spesso con la prole, e possiedono capacità fisiche adatte a queste attività. Anche in passato, molte comunità erano caratterizzate da strutture cooperative ed egualitarie, con ruoli decisionali condivisi tra uomini e donne, assetti che si persero con la transizione all’agricoltura, l’accumulo di risorse, la patrilocalità e l’aumento delle disuguaglianze. Persino i modelli evolutivi basati sul dimorfismo sessuale di........