Il Macro che riapre non è un museo, è una dichiarazione di città

Non considero la riapertura del Macro un fatto esclusivamente museale. La leggo, piuttosto, come un segnale politico nel senso più alto del termine: una presa di posizione sul ruolo della cultura nella città contemporanea, sullo spazio pubblico, sulla possibilità – oggi tutt’altro che scontata – di costruire luoghi che generino comunità e non solo consumo. Quando un museo riapre, infatti, la vera domanda non è che cosa espone, ma a chi appartiene. La risposta che il Macro offre con la sua riapertura, l’11 dicembre 2025, è chiara: appartiene alla città. E non in senso retorico, ma strutturale. Appartiene a chi la vive, a chi la attraversa, a chi produce cultura spesso lontano dai riflettori istituzionali, a chi ha bisogno di spazi di senso prima ancora che di vetrine. Un museo dunque come spazio pubblico, non come contenitore. Il Macro riapre scegliendo di non essere un contenitore autoreferenziale, ma un organismo poroso, abitabile, attraversabile. Un museo che torna a funzionare come infrastruttura culturale pubblica: non solo sale espositive, ma cinema, biblioteca, spazi di studio, luoghi di incontro, bar e ristorante. Spazi di permanenza, non di passaggio.

In un tempo in cui lo spazio pubblico è sempre più fragile – privatizzato, sorvegliato, impoverito – questa scelta è profondamente politica. Rendere un museo frequentabile anche senza biglietto, aprirlo con un fine settimana interamente gratuito, abbassare le soglie di accesso non è marketing culturale: è un atto di responsabilità civica.

E Roma è al centro, ma non come cartolina. La nuova stagione del Macro è difatti interamente dedicata a Roma. Ma Roma, qui, non è un’identità da celebrare. È un campo di forze. Un laboratorio vivo. Una città complessa, stratificata, contraddittoria, attraversata da energie creative spesso invisibili, che il museo sceglie di riconoscere e mettere in relazione.

Le quattro mostre inaugurali costruiscono un racconto corale e stratificato della città e dei suoi immaginari contemporanei. UNAROMA è il cuore di questa visione. Una grande mostra collettiva che riunisce oltre settanta artiste e artisti e che sceglie di raccontare la scena romana non per categorie, ma per movimenti. Un lungo piano sequenza che attraversa linguaggi, generazioni, pratiche diverse. L’allestimento, concepito come un green screen, diventa uno spazio comune su cui si sovrappongono visioni, storie, tensioni. La mostra........

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