Atreju, la Dc e il rimpianto

C’è una strana e singolare contraddizione che attraversa la politica italiana. Continua - al di là delle chiacchiere, della propaganda e delle immaginette a effetto - la sostanziale criminalizzazione politica e culturale, soprattutto da parte dell’attuale sinistra, della storica esperienza della Democrazia Cristiana e dei suoi principali leader e statisti. Del resto, non è un gran notizia rilevare che ogni qualvolta si ricorda una stagione da non replicare il pensiero dei protagonisti politici contemporanei corre immediatamente ai “democristiani” e al ”sistema di potere” della Democrazia Cristiana individuati, entrambi, come un modello da cui prendere sempre e comunque le distanze. Salvo poi, in alcune specifiche situazioni, riabilitare alcune figure storiche di quel partito ma solo per contrapporle in chiave propagandistica ai governanti di turno.

Ora, però, e al di là della speculazione politica e della stessa propaganda, quello che non si può non cogliere è che, seppur perdurando un clima di profonda e atavica ostilità nei confronti della cultura di governo della Dc e dei suoi leader e statisti, c’è quasi la corsa a ricreare il profilo di quel partito e la concreta modalità di presenza politica nella società contemporanea. E l’occasione ghiotta è stata fornita di recente dalla organizzazione della festa del principale partito italiano, Fratelli d’Italia. La festa di Atreju. Certo, un partito che ha una cultura politica storica radicalmente alternativa rispetto a quella democratico cristiana. Ma un partito, checché se ne dica, che cerca di imitarne gli aspetti più esterni e ambientali. E proprio dall’ultima festa di Atreju è emerso quel profilo “nazional popolare” che ha caratterizzato per svariati decenni l’esperienza del “partito italiano” per eccellenza, cioè la Democrazia Cristiana. Un profilo che, appunto, tendeva ad essere rappresentativo delle principali istanze del paese senza........

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