(a cura di Paolo Agnelli)
Cara Europa,
in questi giorni che precedono il Natale, siamo in molti a interrogarci sulle nuove regole di governance finanziaria che a breve definiranno le relazioni tra i paesi dell’Unione.
L'obiettivo comune – che di per sé è a mio avviso già un traguardo - è avere il via libera definitivo entro l'anno, in modo che il ritorno nel 2024 dei vincoli fiscali, sospesi in seguito alla pandemia e congelati con la guerra in Ucraina, avvenga con un quadro normativo più chiaro e realistico, e che non immobilizzi ancora una volta l'Europa.
La posizione italiana – in questo mercanteggiare – è stata, direi, piuttosto chiara: ottenere l'esclusione degli investimenti per la transizione verde e digitale, e quelli per la Difesa, dal calcolo del debito.
Del resto, si può punire chi investe?
Non mancano in questo dibattito i nostalgici del vecchio patto, i difensori dell'austerity.
Eppure, il fallimento delle regole di austerità sembra evidente: non hanno aiutato i Paesi più indebitati, come l'Italia, a ridurre il fardello del debito pubblico, e in contemporanea hanno bloccato la crescita economica complessiva del continente. Non male, vero?
Il mio auspicio, che mi auguro di trovare esaudito sotto l’albero, è che il nuovo Patto colmi queste lacune, definisca sì prospettive di riduzione del debito pubblico e del deficit ma più realistiche che in passato, lasciando il giusto margine di manovra per portare avanti gli investimenti, tanto più a fronte della necessità di dar seguito alla doppia transizione ecologica e digitale. Non vorremo restare indietro rispetto a........