Vita da cronista La strage di Natale del 1984: l'attesa di un padre e un dubbio

Il Rapido 904 nella stazione di San Benedetto Val di Sambro (Bologna) - Ansa

Il terrorismo a Milano era iniziato per me, undicenne, con un boato sinistro arrivato fin sui banchi della mia scuola, a Brera: 12 dicembre 1969, Piazza Fontana. La fine, lo avrei capito da adulta, della Milano fiduciosa del Dopoguerra. Tre anni dopo, dalla casa di una compagna affacciata sulla Basilica di San Marco, rivedo via Fatebenefratelli nera di folla, al funerale del commissario Calabresi. La Questura era a un passo: Pinelli interrogato e precipitato in cortile, tutto era accaduto a duecento metri dalla mia scuola. Il terrorismo coincideva con la mia adolescenza: non me ne meravigliavo, ci ero cresciuta dentro. Ma da giovane cronista al giornale La Notte, anni dopo, lo avrei visto da vicino, con i miei occhi.

Il ricordo di quel giorno comincia con un sipario bianco: il parabrezza dell’auto opaco e cieco, in nebbia impenetrabile. Un mio collega guidava, attento allo spuntare improvviso dei fanalini rossi di un Tir. Avremmo dovuto tornare indietro con una nebbia così, ma non potevamo. Era il 23 dicembre 1984, sera: il Rapido 904 da Napoli a Bologna era appena saltato in aria, nella Grande Galleria dell’Appennino. Una strage, per Natale.

Quando la notizia era sbucata dal rullo dell’agenzia Ansa, quella domenica sera, a Milano, noi in redazione già si brindava e si mangiava il panettone. Calò il silenzio nello stanzone pieno di fumo. Ma subito, senza che si osasse dirlo: chi sarebbe partito? I “vecchi” avevano la famiglia che li aspettava. “Andate voi”, disse il caporedattore a noi due, gli ultimi assunti, 25 anni. Ero spaventata, per la prima volta davanti a una tragedia così grande. Quella densa nebbia nella notte, poi, mi dava la sensazione di entrare nel nulla. Il mio collega mi lasciò a Bologna e andò a cercare il luogo della strage. Io, invece, dovevo occuparmi dei morti.........

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