Nell’Europa cristiana il debito è stato per lunghissimo tempo combattuto e scoraggiato. Una critica legata al grande tema dell’interesse sul denaro, condannato nell’Antico e nel Nuovo Testamento. In oltre mille anni, tra il ’300 e il XIV secolo, si contano circa settanta Concili con dichiarazioni contro l’usura (cioè interesse maggiore di zero), che sono continuate fino alla vigilia della rivoluzione industriale (1745). Il capitalismo ha poi smesso di criticare l’usura, e ne ha fatto il suo primo motore.
Le radici di questa lotta all’usura sono molte e profonde. Quella centrale è un problema di asimmetria di potere e quindi un fenomeno di rendita: qualcuno, più forte, detiene una risorsa scarsa e spesso essenziale ad altri per vivere (il denaro) e quindi ha l’incentivo ad usare quell’asimmetria di potere a suo vantaggio e quindi contro i più deboli. Chi presta non ha la stessa responsabilità morale ed economica di chi prende a prestito: chi presta ha più forza, più libertà di chi si indebita, a causa della differenza radicale tra i punti di partenza di creditori e debitori.
Per questa ragione la condanna era per chi prestava a interesse, molto meno per chi si indebitava – per questa ragione Bassanio, il giovane scialacquatore nel Mercante di Venezia di Shakespeare, non è meno colpevole dell’usuraio Shylock.
Papa Francesco ha recentemente rilanciato il forte appello per la remissione del debito estero dei paesi più poveri che Papa Giovanni Paolo II formulò alla vigilia del grande giubileo del 2000: «Vorrei farmi eco di questo appello........