Sul lavoro si muore per fatalità. Per qualcosa che non era previsto, ovvio. Ma che quasi sempre non era certo imprevedibile. Per un rischio che andava messo in conto, calcolato e prevenuto, e non lo si è fatto. Non abbastanza, almeno. E si muore perché qualcuno quel lavoro – manuale, sgradevole, faticoso, sporco e in varia misura pericoloso – lo deve fare. Non ci sono e non ci saranno né macchine né intelligenze artificiali che possano sostituire l’uomo in molte attività. E si muore, paradossalmente, per generosità. Perché si è umani. L’empatia e la solidarietà verso il compagno ferito, lo slancio per cercare di soccorrerlo prevalgono su tutto. Anche sulla percezione del pericolo per sé stessi e sul rischio di morire a nostra volta.
Questo e molto altro ci ricorda ancora una volta la tragedia sul lavoro di Casteldaccia. Dove un uomo comunque d’esperienza, a 71 anni, uno dei titolari della piccola azienda Quadrifoglio group srl, si è calato nella rete fognaria su cui stavano lavorando in sei. Senza gli adeguati sistemi di protezione. E dietro di lui, a cercare di aiutarlo, altri 5 operai, l’uno dopo l’altro........