Editoriale È finito il tempo del silenzio e della vergogna
Abbiamo perso tutti, come società»: sono le prime parole di Gino Cecchettin dopo il verdetto che ieri la Corte d’Assise di Venezia ha pronunciato nei confronti di Filippo Turetta. Ergastolo. Escluse le aggravanti della crudeltà e dello stalking, e su questo punto si sono già aperte accese discussioni. «È stata fatta giustizia - ha aggiunto il padre di Giulia, uccisa a 22 anni - ma dovremmo fare di più come esseri umani. La violenza di genere va combattuta con la prevenzione». Questa dunque è la strada per non perdere ancora, non perdere di più, non perdere sempre: punire severamente chi commette femminicidio, come è stato nei processi per la morte di Giulia Cecchettin e di Giulia Tramontano. E insieme prevenire, educando a un amore vero perché libero, responsabile, reciproco. Ma occorre anche fermare il brodo di coltura di cui si alimenta la violenza, e cioè quel sommerso di abusi che fortunatamente non sfociano nel femminicidio ma sono diffusi a tal punto che in Europa una donna su tre dichiara di esserne stata vittima almeno una volta nella vita. Per non «perdere più, come società» bisogna ascoltare le voci che si alzano sempre più forti, quasi a dire: «Basta, voglio essere l’ultima». Le abbiamo sentite in questi giorni: prima una consigliera regionale veneta, poi una giovane collega al Comune di Genova, infine sabato sei delegate su 12 a un tavolo........
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