Editoriale Ragioni credibili per fare pace
Non si fa una guerra per un solo uomo. Yahya Sinwar era diventato un simbolo del male, ma Hamas, come entità terroristica e organizzazione politica e sociale più complessa, non era cominciata né, verosimilmente, finirà con lui. La dinamica della sua uccisione non è indifferente, perché dà sostegno a due versioni opposte dell’azione israeliana a Gaza. La “mente” dell’attacco del 7 ottobre 2023 è stato colpito in un piccolo raid, quasi di routine, nella Striscia invasa da un anno, a significare che 12 mesi di missioni mirate non erano servite a scovarlo ma soltanto a seminare morte e distruzione, dicono la gran parte dei palestinesi e tutti coloro che ritengono ingiusta e illecita la rappresaglia di Israele. Al contrario, proprio l’impossibilità di colpire chirurgicamente i capi del movimento che ha messo gli ebrei nel suo mirino sembra giustificare, come dicono il premier Netanyahu, tanti suoi compatrioti e amici d’acciaio di Tel Aviv, una campagna di queste dimensioni e di queste conseguenze (oltre 42mila morti e distruzioni devastanti) per azzerare la minaccia militare che viene da Gaza, altrimenti non scalfibile.
Difficile dire oggi chi abbia ragione. Non perché........
© Avvenire
visit website