Haitiani lasciano la Repubblica Dominicana a causa delle misure imposte per una disputa idrica, a Dajabon, 20 settembre 2023 (Ansa) @media only screen and (min-width: 501px) { .align_atf_banner{ float:left; } }

Per risolvere la controversia di confine fra Haiti e Repubblica Dominicana relativa allo sfruttamento delle acque del fiume Dajabon, che ha portato alla chiusura della comune frontiera da parte della seconda il 15 settembre scorso (misura solo parzialmente ritirata il seguente 11 ottobre), è stata chiesta la mediazione dell’ex premier britannico Tony Blair.

Ma il padre del New Labour non potrà fare nulla per impedire che vada avanti l’altra vicenda che da quasi due anni crea tensioni fra i due stati che coabitano sull’isola di Hispaniola, la più grande dei Caraibi dopo Cuba: la costruzione di un muro di separazione con tanto di filo spinato e torrette di avvistamento lungo i 380 chilometri di frontiera che essi hanno in comune.

Haiti in mano alle gang criminali

La decisione di costruire una barriera che dovrebbe proteggere la metà est dell’isola dall’immigrazione clandestina, dalla criminalità e dal contrabbando provenienti dalla metà ovest è stata presa nel febbraio 2021, quando l’attuale presidente dominicano Luis Abinader annunciò che nella seconda parte dell’anno sarebbero iniziati i lavori di costruzione della recinzione speciale di cui già da tempo si discuteva. In realtà i lavori cominciarono nel febbraio dell’anno seguente, e da allora sono andati avanti piuttosto lentamente, nonostante l’anarchia nella confinante Haiti non abbia fatto che crescere dopo l’assassinio, il 7 luglio 2021, del presidente Jovenel Moise.

A due anni e mezzo dall’omicidio, la carica presidenziale resta vacante, a capo del paese c’è un primo ministro la cui legittimità dipende solo dall’accettazione da parte degli ambasciatori dei principali paesi stranieri presenti a Port-au-Prince (non si vota più dal 2016), le inchieste giudiziarie sull’assassinio del capo dello Stato non vanno avanti perché i giudici istruttori si dimettono uno dopo l’altro (l’unica condanna finora comminata risulta da un processo svoltosi negli Stati Uniti) e il 60 per cento della capitale è controllato da spietate gang criminali. Contro di esse i cittadini hanno organizzato i «Bwa kalé», gruppi di vigilantes altrettanto crudeli, che hanno linciato senza inchieste né processi decine di sospetti banditi.

Uno strumento simbolico

A portare a un’accelerazione dei lavori di costruzione del muro sono arrivate la crisi del Dajabon (Haiti sta costruendo un canale per irrigazione che sfrutta le acque del fiume che divide i due paesi in violazione, secondo i dominicani, di un trattato firmato nel 1939) e soprattutto le imminenti elezioni presidenziali dominicane, che si svolgeranno nel maggio dell’anno prossimo.

Abinader, esponente del Partito rivoluzionario moderno (che nonostante il nome e le pretese ideologiche socialdemocratiche è un partito centrista), è dato favorito come vincitore già al primo turno e le sue politiche godono del gradimento del 64 per cento degli elettori secondo i sondaggi proprio, fra le altre cose, a motivo del progetto del muro di confine. La cui costruzione conoscerà, secondo quanto annunciato dal governo, un’accelerazione nei prossimi mesi.

Ha dichiarato il portavoce della presidenza Homero Figueroa: «L’edificazione del muro si farà in tre fasi. Nella prima fase, che è già iniziata, saranno costruiti 54 chilometri di muro nelle zone più vicine alla capitale Santo Domingo, per un costo di 1,75 miliardi di pesos (pari a 28 milioni di euro – ndt). Completata questa prima fase entro il primo semestre del 2024, inizierà la seconda fase di costruzione di altri 112 chilometri nelle zone più remote della frontiera. Infine la struttura “intelligente” sarà equipaggiata di apparecchiature elettroniche di sorveglianza. Il muro di frontiera è uno strumento per affermare la sovranità nazionale della Repubblica Dominicana».

Difficilmente sarà qualcosa di più di uno strumento simbolico: una volta completata secondo gli standard dichiarati dal portavoce presidenziale, la barriera coprirebbe meno della metà dei 380 chilometri di frontiera terrestre fra Haiti e Repubblica Dominicana. Dichiara la cineasta haitiana Rachèle Magloire: «Questo muro non ha senso: è illusorio pretendere di chiudere una frontiera costituita da fiumi, laghi e montagne. Si potrà sempre aggirare la barriera».

Il lavoro di Tony Blair

Intanto però la frontiera è stata chiusa per davvero come misura di ritorsione per la costruzione del canale d’irrigazione haitiano sul rio Dajabon, e la parziale riapertura di ottobre riguarda solo il piccolo commercio transfrontaliero: non vengono concessi visti per lavoro, studio, turismo e cure sanitarie. Sono invece ripresi i voli fra i due paesi. A sua volta Haiti ha chiuso in vari periodi l’accesso alle merci e alle persone dalla Repubblica Dominicana come forma di rappresaglia per l’alto costo dei visti d’ingresso nel paese ispanofono e per protesta contro la registrazione dei dati biometrici degli haitiani da parte delle autorità dominicane.

Tony Blair ha incontrato il primo ministro haitiano Ariel Henry il 21 novembre a Riyadh in occasione del summit fra l’associazione dei paesi dei Caraibi (Caricom) e l’Arabia Saudita, poi il 24 novembre a Santo Domingo ha incontrato il presidente e il ministro degli Esteri dominicani Luis Abinader e Roberto Álvarez. I due paesi hanno quasi lo stesso peso demografico (11,7 milioni di abitanti Haiti, 11,3 la Repubblica Dominicana), ma il reddito pro capite dei dominicani (10.120 dollari) è sei volte superiore a quello degli haitiani (1.748 dollari). Nella classifica dell’Indice di sviluppo umano la Repubblica Dominicana figura all’80° posto, Haiti al 163°.

In un rapporto del febbraio scorso il Collegio dominicano degli economisti (Codeco) stima a 700 mila gli haitiani che lavorano, regolarmente o irregolarmente, nella Repubblica Dominicana. Sotto la presidenza di Abinader è aumentato il numero di quelli espulsi dal paese per mancanza di permesso di lavoro o altre irregolarità dei visti. Nel solo periodo fra il novembre 2022 e l’agosto 2023 sono stati rispediti nel paese d’origine 120 mila immigrati haitiani irregolari dalle autorità di Santo Domingo.

QOSHE - La Repubblica Dominicana vuole costruire un muro sul confine con Haiti - Rodolfo Casadei
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La Repubblica Dominicana vuole costruire un muro sul confine con Haiti

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12.12.2023
Haitiani lasciano la Repubblica Dominicana a causa delle misure imposte per una disputa idrica, a Dajabon, 20 settembre 2023 (Ansa) @media only screen and (min-width: 501px) { .align_atf_banner{ float:left; } }

Per risolvere la controversia di confine fra Haiti e Repubblica Dominicana relativa allo sfruttamento delle acque del fiume Dajabon, che ha portato alla chiusura della comune frontiera da parte della seconda il 15 settembre scorso (misura solo parzialmente ritirata il seguente 11 ottobre), è stata chiesta la mediazione dell’ex premier britannico Tony Blair.

Ma il padre del New Labour non potrà fare nulla per impedire che vada avanti l’altra vicenda che da quasi due anni crea tensioni fra i due stati che coabitano sull’isola di Hispaniola, la più grande dei Caraibi dopo Cuba: la costruzione di un muro di separazione con tanto di filo spinato e torrette di avvistamento lungo i 380 chilometri di frontiera che essi hanno in comune.

Haiti in mano alle gang criminali

La decisione di costruire una barriera che dovrebbe proteggere la metà est dell’isola dall’immigrazione clandestina, dalla criminalità e dal contrabbando provenienti dalla metà ovest è stata presa nel febbraio 2021, quando l’attuale presidente dominicano Luis Abinader annunciò che nella seconda parte dell’anno sarebbero iniziati i lavori di costruzione della recinzione speciale di cui già da tempo si discuteva. In realtà i lavori cominciarono nel febbraio dell’anno seguente, e da allora sono andati avanti piuttosto lentamente, nonostante l’anarchia nella confinante........

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