Trattori fermi in coda davanti alla Porta di Brandeburgo, a Berlino, per le proteste degli agricoltori tedeschi (foto Ansa)

È stata una settimana di passione per i cittadini tedeschi: ai blocchi stradali che hanno visto le vie di accesso alle autostrade ostruite dai trattori della protesta degli agricoltori programmata su sette giorni, si è aggiunto lo sciopero dei trasporti ferroviari che fra mercoledì e venerdì ha tenuto fermi nelle stazioni di tutto il paese l’80 per cento dei treni. I disagi non sono finiti col weekend: questa settimana è prevista una protesta del personale infermieristico.

Perché gli agricoltori protestano in Germania

Sono le conseguenze a cascata della sentenza con cui, nel novembre scorso, la Corte costituzionale che siede a Karlsruhe ha bocciato l’istituzione di fondi speciali fuori bilancio per il finanziamento delle politiche ambientali, e ha stabilito che l’articolo della Costituzione che dal 2009 proibisce la spesa in deficit sopra lo 0,35 per cento del Pil annuo risultava violato dall’escamotage con cui il governo intendeva finanziare le sue politiche. L’unica deroga possibile al “freno del debito” costituzionalizzato è rappresentata dalla dichiarazione di uno stato di emergenza, a cui si è già fatto ricorso per gli stanziamenti di sostegno a privati e imprese in occasione della pandemia da Covid e per gli aiuti all’Ucraina attaccata dalla Russia, ma la Corte ha sentenziato che le politiche a favore della transizione energetica non possono essere qualificate come provvedimenti causati da un’emergenza.

Il ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck (a sinistra) con il Cancelliere Olaf Scholz (foto Ansa)

Il governo tripartito di Olaf Scholz (socialdemocratici, Verdi e liberali), già sprofondato nei sondaggi che da mesi gli attribuiscono non più di un terzo delle simpatie degli elettori, si è trovato nella necessità di operare tagli draconiani per 17 miliardi di euro nelle altre voci di bilancio per non compromettere quelle relative alla transizione energetica. Ha avuto la malaugurata idea di intervenire sui sussidi ai produttori agricoli, già in difficoltà per l’aumento dei prezzi dell’energia e per i costi di applicazione dei regolamenti ecologici e per il benessere animale che si sono accumulati negli ultimi anni. Con un tratto di penna sono stati aboliti i sussidi al gasolio usato per la mobilità e il lavoro rurali (pari a 2.900 euro per azienda agricola) e l’esenzione dal bollo di circolazione.

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I modesti risultati delle politiche di transizione energetica

Dopo lo scoppio delle proteste l’unica concessione che il governo si è dimostrato disposto a fare è stata quella si spalmare su tre anni la progressiva cancellazione del sussidio. Troppo poco: gli agricoltori hanno portato i loro trattori e macchinari agricoli davanti alla porta di Brandeburgo, hanno bloccato le principali vie di accesso alla capitale e il 4 gennaio scorso hanno per alcune ore impedito al vice cancelliere e ministro dell’Economia Robert Habeck (Verdi) e alla sua famiglia di sbarcare dal traghetto con cui tornava da una vacanza nel Mare del Nord.

Le proteste che stanno bloccando la Germania sopravvengono in un paese che l’anno scorso ha conosciuto una recessione pari allo 0,3 per cento del Pil, mentre per il 2024 è previsto un rimbalzo non superiore all’1 per cento.

Gli agircoltori tedeschi in protesta hanno bloccato anche le principali autostrade (foto Ansa)

Nel frattempo il risultato delle politiche di transizione energetica in Germania appare mitigato: l’anno scorso le emissioni di gas a effetto serra sono diminuite di oltre il 20 per cento, toccando il livello più basso dai primi anni Cinquanta del secolo scorso, ma la flessione è venuta per la maggior parte dalla riduzione della produzione industriale, e non dalla sua riconversione alle energie rinnovabili. Solo il 15 per cento di tutta la riduzione di emissioni viene da innovazioni tecnologiche come l’utilizzo di energie rinnovabili. Le aziende tedesche stanno semplicemente trasferendo all’estero – dove non sono in vigore obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni come quelli tedeschi – le loro produzioni, oppure riducono le attività.

La Basf, che costituisce il più grande gruppo chimico del mondo, ha annunciato tagli permanenti al personale nella sua sede centrale di Ludwigshafen a causa degli alti prezzi dell’energia. Mentre il prodotto interno lordo tedesco è diminuito dello 0,3 per cento, quello rappresentato da attività energivore come l’industria della chimica e dell’acciaio è precipitato dell’11 per cento.

Il settore manufatturiero in Germania è in crisi

Di fronte a tutto ciò Habeck trova conforto nel dato secondo cui l’elettricità prodotta da fonti alternative ha superato il 50 per cento del totale, e si accontenta di dichiarare: «Il mio obiettivo come ministro dell’Economia è che la Germania rimanga una robusta location industriale e che diventi climaticamente neutrale». A stretto giro gli ha risposto il presidente della Bdi (la Confindustria tedesca) Siegfried Russwurm, dichiarando che il governo sembra non capire quanto sia critica la situazione che il settore manifatturiero tedesco sta affrontando.

I partiti di sinistra evocano come via di uscita dalle difficoltà attuali l’abrogazione del “freno del debito”, almeno per quanto riguarda il calcolo delle spese per investimento in alcuni settori strategici come quello delle energie alternative ai fossili. Non ne vogliono sentir parlare né i loro alleati di governo liberali (l’Fdp, che esprime il ministro delle Finanze Lindner), né i principali partiti di opposizione, cioè i cristiano-democratici di Cdu e Csu e la destra radicale di AfD (Alternativa per la Germania). E nemmeno la maggioranza dei tedeschi, che secondo le inchieste demoscopiche sono favorevoli per il 61 per cento al mantenimento della norma così come è ora, mentre quelli favorevoli a qualche forma di allentamento sono solo il 35 per cento.

Un trattore trasporta il manichino di un uomo impiccato e un cartello con la scritta: “Se gli agricoltori muoiono, muore il Paese” (foto Ansa)

I tedeschi sono stufi del governo Scholz

I dati sono sovrapponibili a quelli dei sondaggi sulle intenzioni di voto: in questo momento Spd (socialdemocratici), Verdi e Sinistra sono accreditati di un 32 per cento totale, mentre Cdu-Csu, AfD e Fdp, cioè i partiti contrari all’abrogazione dell’articolo della costituzione che limita il deficit allo 0,35 per cento annuo, raccoglierebbero il 60 per cento. Tutte e due le rilevazioni sembrano combaciare con una terza, che emerge da un sondaggio commissionato dalla Bild, il maggior quotidiano popolare tedesco: il 59 per cento degli elettori è favorevole a elezioni politiche anticipate per cambiare il governo federale senza aspettare la scadenza naturale dell’ottobre 2025.

In questo momento in testa ai sondaggi ci sono i cristiano-democratici, col 32 per cento delle intenzioni di voto, seguiti da AfD col 23 per cento. Il partito della destra radicale, accusato di simpatie neonaziste, sopravanza di ben otto punti il partito del cancelliere Scholz, la Spd, retrocessa al 15 per cento, ben 10 punti in meno dei voti raccolti nelle elezioni politiche del settembre 2021.

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La crisi verde della Germania

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15.01.2024
Trattori fermi in coda davanti alla Porta di Brandeburgo, a Berlino, per le proteste degli agricoltori tedeschi (foto Ansa)

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Perché gli agricoltori protestano in Germania

Sono le conseguenze a cascata della sentenza con cui, nel novembre scorso, la Corte costituzionale che siede a Karlsruhe ha bocciato l’istituzione di fondi speciali fuori bilancio per il finanziamento delle politiche ambientali, e ha stabilito che l’articolo della Costituzione che dal 2009 proibisce la spesa in deficit sopra lo 0,35 per cento del Pil annuo risultava violato dall’escamotage con cui il governo intendeva finanziare le sue politiche. L’unica deroga possibile al “freno del debito” costituzionalizzato è rappresentata dalla dichiarazione di uno stato di emergenza, a cui si è già fatto ricorso per gli stanziamenti di sostegno a privati e imprese in occasione della pandemia da Covid e per gli aiuti all’Ucraina attaccata dalla Russia, ma la Corte ha sentenziato che le politiche a favore della transizione energetica non possono essere qualificate come provvedimenti causati da un’emergenza.

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